venerdì 11 novembre 2016

la valle delle statue di pietra in Perù

dal sito
htto://www.pianetablunews.it

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 YURI LEVERATTO
www.yurileveratto.com/it



L’altopiano di Marcahuasi è un luogo leggendario: situato a quasi 4000 metri d’altezza nella regione di Lima, è esteso circa 4 chilometri quadrati. Nel centro della meseta vi sono i resti di una cittadella preincaica le cui vestigia risalgono al VIII secolo d.C. Inoltre, disperse nell’altopiano (o forse correttamente ubicate), vi sono molte sculture megalitiche, antropomorfe, zoomorfe e mitologiche, oltre ad alcuni petroglifi e ideogrammi, che Ruzo interpretò come l’opera di una civiltà antidiluviana perduta, da lui denominata Masma.
Il ricercatore esoterico peruviano Daniel Ruzo (1900-1991), passò gran parte della sua vita a studiare alcuni luoghi molto particolari del pianeta, tra i quali Marcahuasi (Perú), e Tepoztlan (Messico).
A dovere di cronica bisogna aggiungere che gli archeologi tradizionali hanno sempre negato che le strane formazioni rocciose di Marcahuasi siano effettivamente delle sculture fatte dall’uomo in tempi remoti, descrivendole semplicemente come il risultato dell’erosione di pioggia e vento nel corso dei millenni e della fantasia dei ricercatori esoterici.
Il fatto strano è che le sculture megalitiche sono numerose e, a cominciare dalla più famosa, il monumento all’umanità, sembrano proprio essere il risultato di un antichissimo lavoro umano. Altre sembrano rappresentare animali particolari come il leone, o il cavallo, che si estinsero in Sud America intorno al 12000 a.C. (potrebbero essere lo smilodon e il cavallo americano).
La più imponente delle montagne sacre della Terra, quella dove vi sono le sculture litiche più belle, sta alle porte di Lima, a ottanta chilometri dall’Oceano Pacifico, nelle Ande. Un popolo grandioso, fondatore di una cultura completa, costruì nell’altipiano di Marcahuasi, 85 secoli fa, un complesso sistema per imbrigliare le acque, e poterle utilizzare per l’agricoltura durante i mesi secchi. Convertì la meseta in una fortezza inespugnabile e in un centro religioso con quattro enormi altari. Consegnò i suoi morti ai condor e scolpì centinaia di massi convertendoli in meravigliose opere d’arte che nessuno può negare. Per tutto ciò ci vollero così tante ore di duro lavoro che possiamo concludere che questa civiltà mantenne per secoli un economia fiorente.
Anche il famoso scrittore italiano Peter Kolosimo descrisse Marcahuasi nel suo libro Non è terrestre, dando a intendere che gli artefici delle strane sculture furono degli “Dei venuti dal cielo”, in un periodo remotissimo, di poco successivo al diluvio.
La teoria di Daniel Ruzo, (che si basava a sua volta sulle intuizioni e i sogni di Pedro Astete), indicava appunto gli uomini della cultura Masma come i primi abitatori della meseta e coloro che intagliarono le statue megalitiche.
Come si evince dal suo libro “Marcahuasi, la historia fantástica de un descubrimiento”, (1974), Ruzo sosteneva che esistirono 5 differenti umanità sulla Terra, e che ciascuna di esse occupò un periodo di 8608 anni, durante i quali gli umani raggiunsero notevoli livelli di sviluppo sociale e tecnologico, ma poi queste conquiste furono cancellate da rispettive catastrofi di proporzioni inaudite, che sarebbero legate, secondo Ruzo, al ciclo della precessione degli equinozi. E’ probabile che Ruzo fu influenzato dal famoso libro “La dottrina segreta” (1888), della scrittrice esoterica russa Helena Blavatsky, nel quale viene spiegata la teoria delle cinque umanità, ma in ogni caso l’ipotesi di Ruzo differisce da quelle della Blavatsky, soprattutto nelle tempistiche.
Dopo aver studiato sculture e siti megalitici a Marcahuasi, Sacsayhuaman, Ollantaytambo (Perú), Tiahuanaco (Bolivia), Tepoztlan (Messico), Fontainbleau (Francia), Stonehenge (Inghilterra), Giza (Egitto), Carpazi (Romania), oltre ad un luogo non specificato in Brasile (Ingrejil?), Ruzo giunse alla conclusione che i megalitici che scolpirono le statue di Marcahuasi e i megaliti degli altri luoghi da lui studiati, erano i sopravvissuti del diluvio universale, che secondo lui accadde esattamente nel 6471 a.C. Le tecniche utilizzate dai megalitici per scolpire le statue, erano, secondo Ruzo, “uniche”, cioè permettevano di cogliere particolari dettagli solo quando vengono illuminate dai raggi del Sole, in giorni ed ore particolari dell’anno.
Ma chi erano gli uomini della cultura Masma? E perché, secondo Ruzo, scolpirono le statue di Marcahuasi?
La “Sfinge”
Secondo il ricercatore peruviano, la quarta umanità era dominata dalla cultura di Atlantide, che aveva il suo centro nell’omonima isola, situata non lontano dall’attuale costa della Mauritania. Quando accadero i primi segnali della catastrofe conosciuta oggi come “diluvio”, che secondo Ruzo avvenne esattamente quando il Sole iniziò a sorgere (durante gli equinozi), avendo nel suo sfondo la costellazione dei Gemelli (che corrisponde, secondo i suoi calcoli, al 6471 a.C.), alcuni Atlantidei si rifugiarono in Mauritania mentre altri proseguirono per lo Yemen.
Sempre secondo la sua visione, gli Atlantidei Mauritani diedero luogo alla cultura Masma, mentre gli Atlantidei Yemeniti diedero luogo alla cultura Imiarita. Siccome il livello dei mari stava salendo e la catastrofe si avvicinava, entrambi i popoli cercarono rifugio in terre elevate e alcuni gruppi isolati navigarono fino al Nuovo Mondo. I Masma attraversarono l’Atlantico, e risalendo il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti giunsero alle Ande, mentre gli Imiariti navigarono verso est, e giunsero in Sud America attraversando l’Oceano Pacifico.
Sempre secondo Ruzo piccoli gruppi di megalitici Masma e Imiariti si stabilirono nelle Ande a partire da 85 secoli fa, dando inizio alla cultura andina e fondando il loro principale luogho di culto: Marcahuasi.
La fortezza
Le statue di Marcahuasi sarebbero state scolpite, per lasciare ai posteri la conoscenza di un passato grandioso. Per esempio la Thueris (Taweret) egizia, (Dea della fertilità, rappresentata da un ippopotamo femmina gravido), sarebbe stata scolpita per ricordare le lontane origini semitiche degli Imiariti, oltreché per raffigurare il símbolo della “matrice” o “rinascita”.
Secondo Ruzo la causa scatenante la catastrofe ciclica, che avviene ogni 8608 anni, è il passaggio del Sole attraverso 4 segni zodiacali, causato dal cambiamento della direzione dell’inclinazione dell’asse terrestre, ovvero dalla precessione degli equinozi.
Il ricercatore credeva che solo all’entrata di tre specifici segni zodiacali, rispettivamente Gemelli, Acquario e Bilancia, accadrebbero le catastrofi cicliche causate alternativamente dai fattori: aria, terra, fuoco, acqua.
Seguendo la sua logica accadrebbero pertanto 3 catastrofi universali nel corso dei 25824 anni (1), il tempo totale del ciclo della precessione degli equinozi.
Ricapitolando, Daniel Ruzo sosteneva che:
  1. la prima umanità aveva raggiunto il grado di civiltà tecnologica nel 40903 a.C. ed era stata distrutta dall’elemento aria (tornado? dissolvimento dell’atmosfera?) esattamente nel 32295 a.C. quando il Sole entrò nei Gemelli.
  2. la seconda umanità fu distrutta nel 23687 a.C. dall’elemento terra (terremoti?) quando il Sole entrò nel segno dell’Acquario.
  3. la terza umanità fu distrutta nel 15079 a.C. dall’elemento fuoco (vulcani? meteorite?); quando il Sole entrò nella Bilancia.
  4. la quarta umanità fu distrutta dall’elemento acqua (diluvio, fine delle glaciazioni?), esattamente nel 6471 a.C., quano il Sole entrò nuovamente nei Gemelli.
  5. la quinta umanità (l’attuale), sarà distrutta dall’elemento aria, quando il Sole entrerà nuovamente sotto il segno dell’Acquario, esattamente nel 2137 d.C.
Allo scopo di verificare se le intuizioni e le credenze di Daniel Ruzo possano avere un riscontro effettivo reale, analizziamo ora le possibilità scientifiche che i moti ciclici della Terra nello spazio, possano causare delle catastrofi o possano innescare dei complessi processi che portino alle glaciazioni e quindi alla fine di civiltà tecnologiche.
La “Faccia” di Marcahuasi, ricorda molto quella fotografata dalla sonda Viking su Marte
Uno dei primi scienziati che studiò in modo approfondito le interelazioni tra i movimenti della Terra nello spazio e l’alternarsi dei periodi glaciali (o la possibilità di altre catastrofi gigantesche), fu il matematico serbo Milutin Milankovic (1879-1958).
Milankovic studiò quattro movimenti della Terra che incidono sulle glaciazioni: l’eccentricità dell’orbita (ovvero quanto l’orbita sia più o meno elittica), l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’eclittica (che varia con un ciclo di 41.000 anni), la precessione degli equinozi (cambiamento della direzione dell’inclinazione dell’asse terrestre, che ha un ciclo di 25776 anni), e infine l’oscillazione del piano dell’eclittica (che ha un ciclo di 70000 anni).
Per quanto riguarda l’eccentricità, oggi sappiamo che è un valore importante, in quanto minime variazioni, (causate dall’attrazione di altri corpi celesti, in particolare Giove e Saturno), potrebbero causare cambiamenti climatici. Alcuni studi hanno dimostrato che l’eccentricità varia con un ciclo che va dai 95.000 ai 125.000 anni. L’eccentricità della nostra orbita va dal valore 0,005 (quasi circolare) fino ai 0,058 (massima eccentricità). Attualmente questo valore è di 0,017. Quando l’eccentricità è massima la differenza di radiazione solare tra il perielio (minima distanza dal Sole) e l’afelio (massima distanza dal Sole) raggiunge il 6,8% del totale (mentre oggi è al 3,4 % del totale). Secondo lo studioso James Croll (XIX secolo), i periodi di massima eccentricità corrisponderebbero ai periodi glaciali, ma questa teoria è stata messa in discussione da altri studiosi.
Per quanto riguarda la precessione degli equinozi, movimento della Terra che è stato osservato fin dall’antichità (vedi mio articolo: I valori del pi greco e della precessione degli equinozi nelle piramidi di Teotihuacan e Giza), oggi si può affermare che esso ha un ciclo di 25776 anni.
Quando l’asse della Terra punta verso il Sole nel perielio, l’emisfero nord ha grandi differenze di clima tra l’inverno e l’estate (un inverno molto freddo e un estate molto calda); mentre l’emisfero sud non avrebbe differenze significative (inverno mite e estate fresca).
Secondo il matematico francese Joseph Ademar (XIX secolo), la precessione degli equinozi sarebbe il “motore cosmico”, che causò la fine della glaciazione di Wisconsin-Wurm, circa 10000 anni fa. La sua teoria è stata però è stata confutata da vari climatologi.
Anche l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’eclittica (che varia con un ciclo di 41.000 anni), è stata indicata come una possibile causa dell’inizio delle ere glaciali, in quanto ad un inclinazione dell’asse terrestre di 24,5 gradi corrisponderebbero inverni rigidissimi. Fu proprio Milankovic che indicò al contrario le estati fresche (pertanto i periodi di minima inclinazione), come la causa dello scatenarsi dei periodi glaciali: durante quei periodi la neve accumulata durante l’inverno non riuscirebbe a sciogliersi e così si potrebbe innescare la glaciazione.
La combinazione dei tre fattori sopracitati oltre all’oscillazione del piano dell’eclittica (che ha un ciclo di 70000 anni), hanno portato vari studiosi a sostenere che le glaciazioni abbiamo un ciclo di 100 millenni e siano intervallate da periodi interglaciali di 10 o 12 millenni.
Vi sono però altre teorie che indicano rispettivamente in 21, 40 o 400 millenni la durata dei periodi glaciali.
Queste teorie non sono state però ancora universalmente accettate in quanto devono essere considerati anche altri fattori come la distribuzione dei continenti sulla superfice terrestre, la possibiltà del passaggio di comete e anche l’impatto umano sull’atmosfera terrestre.
Inoltre gli scienziati si sono concentrati sull’analisi della possibilità che i moti della Terra siano causa delle glaciazioni, ma non sono giunti a conclusioni certe sulla possibilità della ciclicità di altre catastrofi globali, come per esempio l’aumento del vulcanesimo su scala mondiale, l’impatto di asteroidi giganti, il cambio di polarità della Terra o periodi di siccità potenzialmente pericolosi.
Se la teoria della ciclicità dei 100000 anni con intervalli interglaciali di 12000 anni fosse vera, si potrebbe pensare che entreremo a breve in una nuova era glaciale, ma in ogni caso non è stata trovata una correlazione certa con la precessione degli equinozi, indicata da Ruzo come la chiave del problema.
A tutt’oggi nessuno è in grado di dire con certezza assoluta quando avverrà la prossima catastrofe di livello planetario e da cosa sarà causata. A mio parere oltre agli scienziati che si basano sulle evidenze matematiche, devono essere tenuti in considerazione anche i ricercatori esoterici, che potrebbero, con le loro intuizioni, indicare la giusta via da approfondire per comprende il passato e cercare di prevenire il nostro futuro da un punto di vista olistico.
Comunque, della meseta di Marcahuasi non tutto è stato esplorato: nella zona chiamata Infiernillo vi sono dei passaggi sotterranei dove Ruzo aveva tentato d’inoltrarsi, ma aveva dovuto desistere a causa della rarefazione d’ossigeno (ricordiamoci che in alcuni punti della meseta si raggiungono i 4200 metri e Ruzo aveva già 60 anni). Per esplorarli ci vorrebbe un equipaggiamento sofisticato che dovrebbe includere bombole d’ossigeno e tute termiche.
Inoltre, a solo nove chilometri da Marcahuasi c’è uno stranissimo volto scolpito nella roccia di grandi dimensioni. Per certi aspetti ricorda la faccia di Marte che fece scalpore qualche tempo fa. Potrebbe essere solo uno strano gioco di luce, ma in ogni caso sarebbe interessante organizzare un esplorazione nella zona per verificare sul campo se vi siano evidenze archeologiche.
Come si vede Marcahuasi racchiude in sé ancora molti misteri, ai quali solo poche persone, dalla mente aperta e libera possono accedervi. Forse il segreto di Marcahuasi, come quello dell’ antica cultura megalitica che dominò il Sud America subito dopo il diluvio, è nascosto in qualche caverna nelle Ande. La nostra civiltà, non troppo interessata agli enigmi del passato, distratta e occupata a consumare le risorse senza preoccuparsi dell’ambiente, ha perso di vista gli antichi insegnamenti dei nostri antenati, ma sono certo che recuperarli potrebbe migliorare la nostra vita sulla Terra sul piano del rispetto reciproco verso gli umani e gli animali e su quello della spiritualità.
(1) Il valore esatto della precessione degli equinozi calcolato oggi è 25776 anni.
YURI LEVERATTO


il tempo? Non esiste...

 

 dal sito

http://camminanelsole.com

 



 

 

E se tutto accadesse simultaneamente? E se il tempo non esistesse affatto?

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Traduco e sintetizzo nel seguito un lungo articolo apparso di recente su Wakingtimes.com,  ad opera di Brandon West, creatore di Project Global Awakening: “un sito dedicato alla ricerca di varie discipline spirituali e  scientifiche e alla loro applicazione per la tua conoscenza e per aiutarti a vivere una vita ispirata e cambiare il mondo”
Cristina Bassi

E se tutto accadesse simultaneamente? E se il tempo non esistesse affatto?
Ho visto di recente una descrizione dell’universo, come percepito in fisica. Per citare  William Brown (da non confondersi con il William Brown che lavora per il Resonance Project):
“Cio’ che la scienza ha scoperto esplorando i livelli profondi della realtà, è che il nostro universo è strutturato in strati di creazione. Strati di creazione, dal livello classico e diverso, in superficie,  delle percezioni quotidiane, ai livelli piu’ profondi: le molecole, gli atomi, i nuclei, le particelle subatomiche, i mondi nei mondi.”
In sintesi Brown descrive  questi livelli in questo modo:
“Il livello di superficie della realtà sensoriale è tipicamente chiamato “mondo classico”. Al di sotto di questo mondo classico, c’è il mondo delle molecole, gli atomi, ovvero il regno dei meccanismi quantici. Poi c’è il nucleo atomico e le particelle subatomiche che è il mondo della teoria del campo quantico, la meccanica quantistica relativista. Ed infine ecco emergere la teoria del campo unificato …” (William Brown: The Light Body)
Dunque tutto cio’ ci porta ad una domanda cruciale…
Cosa è il Tempo?
Un collega di Einstein, il fisico John Archibald Wheeler, sviluppo’ una delle prime equazioni  di gravità quantica nei primi giorni della unificazione della Teoria Quantica e della Relatività. Sebbene funzioni, questa equazione non incorpora il tempo come parametro  fisico e i fisici trovano che questo sia inquietante…
“Quando venne quantizzata per la prima volta la Relatività Generale (diventando una teoria della gravità quantica) negli anni ’60 ad opera di John Wheeler, il risultato prediceva uno stato statico dell’universo , ovvero – non c’è alternativa –  l’assenza del tempo.
Questa particolare soluzione alla quantizzazione della Relatività Generale è nota come l’equazione di  Wheeler-DeWitt. Il risultato sembro’ essere paradossale: come puo’ l’universo essere statico ed immutabile, quando  tutta la nostra esperienza è di cambiamento?” – William Brown da the Resonance Project Foundation
Questa è proprio la questione che andiamo qui ad analizzare in questo articolo, dandole forse una risposta.
E’ interessante notare che le equazioni che sono generalmente accettate dall’establishment scientifico, suggeriscono sia che il tempo è una illusione, che l’universo sia di fatto statico. Ovviamente queste idee furono considerate fallaci perchè  non sostenevano i fatti, ovvero cio’ che è chiaramente osservabile  nell’universo. Ogni giorno vediamo il cambiamento  e possiamo misurare il tempo, quindi deve essere vero.
E  se potessimo cambiare la nostra percezione dell’universo e risolvere questo conflitto?
E se il tempo non ci fosse proprio nell’universo ed esso sia solo il risultato di un cambio di prospettiva all’interno di un universo statico, che in qualche modo non mostra un moto né un universo in cambiamento? Per indagare meglio questa idea dobbiamo scoprire cosa sia veramente il moto
Ma le cose si muovono veramente?
http://i2.wp.com/bouger-la-vie.com/blog/wp-content/uploads/2011/12/Nassim_Haramein.png?resize=234%2C131
Nassim Haramein ha detto che cio’ che percepiamo come moto è in realtà dovuto al fatto che la realtà  a livello quantico lampeggia ad alta frequenza dentro e fuori l’esistenza e che la creazione, in effetti, appare e scompare oscillando tra  la forma e la sua assenza e questo innumerevoli volte ogni secondo, dando cosi la sembianza del moto
Quindi, tecnicamente, le cose non si muovono affatto in questo universo, ma appaiono e scompaiono in schemi leggermente diversi, che fanno  apparire tutto cio’ come moto.
Non è il campo unificato a lampeggiare, ma solo quella che noi percepiamo come materia solida, ovvero le particelle, i nuclei, le particelle sub-atomiche  ed il mondo materiale.
In un certo modo, potrebbe essere tecnicamente piu’ accurato chiamare cio’ che facciamo ogni giorno …”micro teletrasporto” . Quando entriamo in un negozio e guidiamo la macchina, in realtà stiamo “teleportando” in minime quantità, assurdamente piccole, ma ad una frequenza estremamente alta, per dare la sembianza del moto.
Tuttavia questo moto accade solo “percettivamente” sui livelli energetici piu’ bassi della creazione, ovvero il mondo materiale o il mondo classico in cui esistiamo per la maggioranza del tempo, e potenzialmente il livello atomico-molecolare della realtà.
Quindi al livello teorico e quantico della realtà … non c’è moto, ma un lampeggio dentro e fuori dall’ esistenza di creazione; dal punto di vista del nostro livello, cio’  appare come un moto fluido. Proprio come le persone nel video della tv che non stanno effettivamente muovendosi, ma sono i piccoli pixel che lampeggiano in reciproco coordinamento e la cosa fa sembrare che ci sia del moto.
Il fluire del Campo Unificato
Se percepite l’universo dal livello del campo unificato, immaginate che il campo unificato comprenda tutto, tutta la creazione, che tutto il passato e futuro  siano codificati olograficamente dentro il campo unificato; tutto li esiste simultaneamente, inscritto nella struttura del vuoto
In altre parole, la creazione è sorta da questo campo unificato  nella forma di particelle subatomiche, particelle, atomi ed elettroni, nuclei – che non sono che forme di energia condensata – energia senza forma condensata in una forma, mentre l’universo lampeggia dentro e fuori dall’esistenza. Ma NULLA E’ SOLIDO
Per citare ancora Einstein:
“Quel che abbiamo chiamato materia è energia, Ia cui vibrazione è stata cosi abbassata da essere percepibile ai sensi. Non c’è materia.”
E queste manifestazioni di energia collaborano fra loro, guidate da una forza invisibile all’interno della creazione stessa, per formare cose piu’ grandi che danno così l’idea di essere vere e totalmente solide, ma ora sappiamo che non è vero.
Immaginate che tutto esista simultaneamente. Immaginate che tutte le versioni dell’albero li fuori dalla finestra, in questo momento presente, dal momento della sua nascita a quello del suo apparente futuro, fino alla morte dell’albero stesso, siano codificate nello spazio e tempo, olograficamente presenti nel campo unificato
Quindi nulla in realtà mai appare e scompare, si muove o persino cambia, è solo la nostra percezione della realtà a questo livello che da la sembianza del cambiamento.
In altre parole, tutta la realtà, tutto il tempo, tutto il moto, sono un semplice risultato della coscienza in movimento.
Se le dinamiche del fluido della teoria del “Black Whole” (“il tutto nero”) di Nassim sono corrette e se tali dinamiche sono in effetti l’origine della coscienza, allora questo è il fondamento della creazione e quindi scopriamo che il fondamento della creazione è un collasso senza forma in se stesse ed una corrispettiva creazione
Di fatto non c’è moto nel mondo fisico, la fisica quantistica ce lo ha dimostrato quando ha scoperto che la realtà è un lampeggiare fuori e dentro l’esistenza
Ci sono solo immagini olografiche che cambiano, quando la coscienza si espande e si contrae in se stessa. .
E se il flusso  del campo unificato all’interno dell’universo fosse esso stesso il meccanismo che fa sì che la realtà lampeggi dentro e fuori l’esistenza e che determini altresì il flusso del tempo?
Tutta la creazione e tutta l’attività della creazione, sono il risultato della coscienza che interagisce al suo interno con se stessa, creando coscienza ed è solo perché noi tutti condividiamo un comune consenso della realtà (nella piu’ parte dei casi), che sorge il tempo sul pianeta.
Informazione codificata olograficamente
Puo’ darsi abbiate visto immagini olografiche di una galassia  o qualche altra immagine stampata  su un foglio di plastica o una cartolina. Questa sembra essere statica, ma se spostate a vostra prospettiva, per esempio ruotando o muovendo la cartolina, sembra che la galassia ruoti.
Ma nulla è cambiato nella immagine. Tutte le informazioni sono rimaste li, codificate nella cartolina sin dall’inizio. Solo perché avete cambiato prospettiva, l’immagine apparentemente sembrava muoversi.
E se fosse cosi che funziona la realtà? E se il moto e il tempo apparente che sperimentiamo siano solo il risultato della nostra prospettiva sulla creazione, determinata dal nostro livello di coscienza?
Il campo unificato è la  struttura vuota  che teoricamente si espande e collassa  secondo le dinamiche del “black whole” (il “tutto nero”, ) di Nassim Haramein, ma tecnicamente non si sta muovendo
E null’altro in realtà si muove perchè tutto è fisso, cristallizzato e olograficamente codificato nella struttura vuota; il che significa che tutto è presente non-localmente ovunque e tutto accade simultaneamente.
Il Tempo è relativo
Il Tempo sarebbe percepito in modo diverso su Marte, rispetto alla Terra, perchè la lunghezza dei suoi giorni è diversa, a causa della rotazione del suo “black whole” (ovvero le dinamche del campo unificato  che producono e sono prodotte dalla coscienza)
Il tempo non è un fenomeno che sorge in sé e per se nell’universo. Potenzialmente non esiste il tempo come tale. Quel che chiamiamo tempo è una divisione arbitraria dei cicli  di cui facciamo esperienza, basandoci sul parametro ciclico  del cambiamento, di cui facciamo esperienza in questo livello della realtà. In altre parole… il tempo è una pura percezione
Se fossimo in un vuoto non ci sarebbe il tempo, perché non solo non ci sarebbero i cicli per misurarlo, ma non ci sarebbero oggetti con cui determinare il moto, quindi saremmo in una immobilità perpetua e senza tempo
Nella sua serie di lezioni dal titolo Living Beyond Miracle (Vivere oltre i Miracoli), Wayne Dyer racconta la storia di un gruppo di minatori che hanno visto collassare su di loro la miniera, in Germania, e sono per questo stati intrappolati  per un certo periodo di tempo. Senza luce naturale, senza poter giudicare i cicli dell’universo e quindi senza un parametro di riferimento  per la loro percezione.
Erano in totale 7 uomini, intrappolati sottoterra e solo uno di loro aveva l’orologio. Costui non volle che le cose scappassero di mano mentre si trovavano in quello stato intrappolati sottoterra e cercò di alleggerire la paura e la preoccupazione dei suoi amici e disse che era passata 1 ora, ogni volta che ne passavano in realtà 2. Dato che nessuno aveva un orologio per convalidare il tutto, gli altri non furono in grado di dire la differenza.
Alla fine dei 7 giorni furono salvati e tutti sopravvissero ad eccezione dell’uomo con l’orologio. Si era assunto l’onere di dire che era passata 1 ora mentre in realtà ne erano passate 2: aveva rallentato il tempo per tutti gli altri ed aveva fatto si che gli altri cambiassero il loro “accordo” sul tempo, cosi che potessero percepire di essere bloccati sotto terra per la metà del tempo effettivo in cui essi lo furono .
“Fece in modo di cambiare l’accordo collettivo su cio’ che costituiva il tempo e le persone sono “invecchiate” di conseguenza.. ma lui non potè ingannarsi perché aveva un orologio.”
Un universo statico
“il Tao non agisce
tuittavia è la radice di tutta l’azione.
il Tao non si muove
e tuttavia è la fonte di tutta la creazione.”
Lao Tzu
Abbiamo stabilito che la creazione non si muove e quindi sembra che anche questo campo unificato non si muova. Lo sappiamo perché abbiamo trovato che lo spazio che circonda la Terra, che un tempo si pensava emettesse un fruscio passandoci accanto, come fa l’aria quando passa vicino ad un oggetto in un tunnel ventoso, ora si dimostra essere completamente statico.
Non ci lanciamo nello spazio, come pensavamo e lo spazio stesso si espande e si contrae e qui non si muove a priori, ma da solo la sembianza del moto.
Poichè il campo unificato che è coscienza, si espande e si contrae e poichè siamo quella coscienza incarnata in un livello di realtà leggermente piu’ denso, ovvero nel “mondo classico”, abbiamo posti in prima fila per il cambiamento apparente, il moto, il tempo e la realtà. Ma questo è solo, come affermano tutte le tradizioni antiche, perchè siamo coscienza universale che si è condensata in questo livello di realtà per fare l’esperienza del mondo che cambia, del mondo delle cose. Della vita, della morte, della nascita, della rinascita e del tempo lineare.
L’unico problema è che ci siamo attaccati a questo mondo e siamo intrappolati in un movimento energetico (una turbolenza emotiva) dato che le cose muoiono e cambiano  in apparenza, e sono transitorie.
Tornando ad Albert Einstein:
“Tutto è energia, che è tutto quel che c’è. Accordati alla frequenza della realtà che vuoi e non potrai che ottenere quella realtà. Non c’è un altro modo che questo. Questa non è filosofia, ma fisica.”
fonte: http://www.wakingtimes.com/2014/04/21/unified-field-illusion-time-understanding-source-creation/
traduzione e sintesi Cristina Bassi
Fonte: http://thelivingspirits.net/universo-olografico/e-se-il-tempo-non-esistesse-affatto.html

lunedì 7 novembre 2016

Rol, il colore verde, la dominante e il calore


pezzo di Fabio Cattaneo
dal sito http://indeterminazione.altervista.org



IL COLORE VERDE DI GUSTAVO ROL (La chiave della Realtà)




Se state leggendo questo articolo, sicuramente siete a conoscenza della figura di Gustavo Rol e probabilmente già conoscete gran parte della sua storia. Gustavo Rol sembra sia stato l'unico essere umano al mondo in grado di modificare la materia con la sola volontà del pensiero, con eccezionali esperimenti che non staremo a citare in questo articolo, in quanto presenti in rete a sufficienza e recuperabili facilmente per chi non fosse informato.
Rol si rese conto di possedere questo straordinario potere nel 1927 e ne rimase molto turbato, tanto da scrivere sul proprio diario personale questa frase:

"Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura"

Sicuramente una frase molto d'effetto, che da quasi un secolo permane nella curiosità di tutti gli esoterici, ma anche dei fisici. Non per nulla anche Albert Einstein volle conoscere personalmente Gustavo Rol.
Quando Rol scoprì di possedere questo straordinario potere, attribuì proprio questo potere a tre riferimenti particolari, ove lui si concentrava per far si che la materia si muovesse nella direzione da lui voluta. I punti focali a cui si riferisce sono: il colore verde, la V musicale ed il calore.
Probabilmente il punto più determinante è proprio il colore verde, e poi vedremo il perchè.
Prima di tutto analizziamo gli altri due punti, iniziando dal calore.
Il calore è forse il punto che forse meno può interessarci, in quanto è solo una conseguenza, una percezione causata dagli altri due fattori, cioè dal colore verde e dalla V musicale.
Per quanto riguarda la V musicale, Rol attribuiva a questo fattore una vibrazione, la stessa vibrazione percepita visualizzando il colore verde, con la quale sentiva un grande potere dentro di se.
Ma probabilmente l'elemento principale di questo potere è proprio il colore verde, la visualizzazione del colore verde nel medesimo istante in cui si metteva in atto la modifica della realtà.
Perchè proprio il verde?
Rol definiva il colore verde come colore di mezzo, ma come vedremo, la spiegazione è ben più complessa e molto curiosa.
Come detto, Rol visualizzando il colore verde, percepiva questa vibrazione che in un certo senso lo faceva sentire onnipotente. Ora vedremo il perchè di tutto questo e del come Rol riusciva a connettersi e manipolare la materia esterna a lui.

Nell'Ottobre 1943 sulla nave Eldridge D173, completa di equipaggio, fu condotto un esperimento chiamato Philadelphia experiment o Project rainbow, basato sulla teoria del "Campo Unificato" di Albert Einstein. Questo esperimento si proponeva di ottenere la sparizione di un corpo. Sulla nave furono montati dei generatori di magnetismo del tipo "de-gausser" ed una volta attivati, la nave cominciò, pare, a scomparire avvolta in una nebbia luminescente verde. Tale "nebbia" avvolse la nave che scomparve alla vista degli osservatori situati a bordo delle vicine navi S.S.Andrew Furuseth e S.S. Malay. Si originò un campo di forma sferica schiacciato ai poli, di circa 100 metri d’ampiezza, all'interno del quale rimase, come unica cosa visibile, l'impronta di uno scafo immerso nell'acqua. Secondo le testimonianze, chi si trovava dentro la sfera poteva vedere tutto, come non vi fossero state mutazioni, pur muovendosi, in pratica, nel nulla. Con tale esperimento fu raggiunta la totale invisibilità e, sembra cosa non preventivata, lo spostamento di materia da un luogo ad un altro. L'Eldridge fu vista apparire e sparire a Norfolk, in Virginia. Al momento della rimaterializzazione del D173 alcuni componenti dell'equipaggio furono ritrovati tra le lamiere della nave o tra le tavole di legno come se si fossero rimaterializzati al posto sbagliato. In conseguenza di questo, l'equipaggio subì un'altro effetto devastante che proseguì anche quando l'esperimento ebbe fine. Gli uomini sparivano e riapparivano improvvisamente, in ogni luogo: a casa, per strada, al bar, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti. Per facilitare il loro "ritorno" si doveva praticare una tecnica detta "sovrapposizione delle mani", ossia toccare prontamente lo sventurato per far cessare l’insolito fenomeno. Molti ebbero problemi psichici, altri furono internati in ospedale, uno sparì davanti ai familiari.

Pare che con questo esperimento non si volesse, in realtà, sperimentare l'invisibilità di un mezzo, bensì sperimentare balzi spazio temporali, da un tempo ad un altro, e balzi multidimensionali, cioè in altre dimensioni a noi sconosciute, veri e propri viaggi in universi paralleli.
Come già detto, il punto che a noi interessa veramente, è che tutti i membri dell'equipaggio che sono sopravvissuti a questi cambi dimensionali, hanno tutti testimoniato che durante "il passaggio" erano avvolti in un'immensa nebbia di colore verde, lo stesso colore che Gustavo Rol visualizzava per ottenere la vibrazione a lui favorevole.
Cosa potrebbe essere dunque questo colore verde?
Potrebbe quasi sicuramente essere il colore della vera natura della realtà, quella realtà che noi non vediamo, perchè incatenati nel piano materiale a bassa vibrazione. Quando la vibrazione aumenta, ci si connette alla Realtà reale, laddove tutto è connesso e laddove si ha accesso per modificare tutta la realtà che ci circonda.
Proprio per questo consigliamo a tutti coloro che mettono in pratica la legge di attrazione, di visualizzare il colore verde durante la visualizzazione dei propri obiettivi, e sicuramente così facendo, avrete dei risultati ben più straordinari di quanto siate abituati.

Il verde è la chiave di tutto, il verde è il colore di ciò che volete manipolare, così come lo aveva capito Gustavo Adolfo Rol.


Fabio Cattaneo

sabato 5 novembre 2016

la vendita del genoma e il piano Sigma


dal sito nuovouniverso.it


Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Nel 1950 il Governo degli Stati Uniti decide che non c’era nulla di sbagliato nel lasciare che gli alieni studiassero il nostro Genoma.


la vendita del genoma umano

Dopo aver abbattuto diversi veicoli volanti extraterrestri e acquisendo la tecnologia avanzata che portavano a bordo, il governo ha ritenuto molto redditizio stabilire canali di comunicazione con i soggetti alieni. Dopo tutto, l’ingegneria extraterrestre avrebbe concesso la superiorità tecnologica degli Stati Uniti, sia in ambienti militari che di intelligence.
Uno dei primi progetti per far fronte a questa situazione era SIGMA, un’operazione congiunta istituita nel 1952 dal consorzio NSA / CIA. Ufologi si riferiscono a questa impresa con molti moniker, tra cui il Trattato TAU IX per la conservazione di umanità (come il Dr. Dan Burisch lo chiama), il trattato Greada o l’accordo di Edwards, dal nome base aerea dove l’incontro monumentale ha avuto luogo. Il suo obiettivo principale era quello di spianare la strada per le comunicazioni significative e produttive tra umani e alieni.
Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano
Utilizzando la tecnologia che oggi chiameremmo rudimentale, con il Progetto Sigma gli scienziati sono riusciti a individuare la posizione relativa di un gruppo sospetto di asteroidi che si muovono in modo ordinato. Utilizzando le attrezzature di telecomunicazione e. La risposta non tardò e un incontro è stato programmato.
Tuttavia, il messaggio è stato intercettato anche da un’altra presenza extraterrestre che a distanza a sempre vegliato sul nostro pianeta. Una specie nordica nota come The Blues ha contattato gli esseri umani e li ha consigliati di non stringere alcun accordo con la forza che si stava trasferendo dalla periferia del sistema solare all’orbita equatoriale intorno alla Terra. Ci hanno messo in guardia circa le altre specie aliene e il fatto che essi hanno interessi solo per la loro esistenza.
I Blues hanno rifiutato di offrirci tutta la loro tecnologia, non siamo ancora evoluti abbastanza per utilizzarla. tuttavia, i Blues si sono offerti di sostenerci nel nostro sviluppo spirituale, ma hanno chiesto qualcosa in cambio: che il genere umano smantelli il loro arsenale nucleare. Come giovane di specie, hanno detto, non siamo ancora in grado di gestire tale potere, ancora meno, in grado di agire in modo responsabile se dotati di tecnologia militare aliena. Verrebbe utilizzata solo per portare distruzione sulla nostra specie e il nostro pianeta. Hanno avvertito l’umanità circa il suo percorso di autodistruzione, l’inquinamento del pianeta e lo spreco di risorse naturali della Terra.
Tecnologia avanzata Aliena – Susan Schneider
Tecnologia avanzata Aliena – Susan Schneider L’autrice di “Alien Minds”, Susan Schneider della University of Pennsylvania, ha proposto una “maggiore evoluzione nelle civiltà aliene e una tecnologia avanzata di gran lunga superiore alla nostra” argomento che afferma. “se le civiltà extraterrestri sono milioni o miliardi di anni più vecchi della nostra, …

Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Il disarmo nucleare non era nell’interesse degli Stati Uniti, secondo gli USA avrebbe lasciato il mondo impotente di fronte a una minaccia aliena. Naturalmente, qualche alto funzionario assetato di potere ha respinto la loro offerta e l’attenzione si è concentrata su come ottenere l’ambita tecnologia aliena.
Le relazioni diplomatiche si sono concretizzate il 25 aprile 1954 per la prima volta a Edwards AFB nel sud della California. Altre fonti sostengono l’incontro avrebbe effettivamente avuto luogo due mesi prima a Holloman Air Force Base, a sei miglia a SO di Alamogordo, New Mexico, ma non discutiamo di logistica e posizioni, quello che conta è il risultato raggiunto dall’accordo con gli alieni grigi, e la nascita del progetto sigma.
Lo scambio di informazioni sarebbe stato effettuato telepaticamente tra i rappresentanti dei due mondi. Non era chiaro quale fosse la reale motivazione degli alieni, ma era chiaro lo studio genetico sugli umani.
Il Grigi hanno rivelato alle loro controparti umane che il loro DNA era ormai instabile e in stato di degrado. Erano vicini alla fine della loro specie, e avevano un disperato bisogno di una soluzione per superare la situazione. Hanno richiesto l’accesso completo e senza restrizioni al genoma umano al fine di sviluppare un metodo stabile per l’ibridazione uomo-grigio e garantire la loro esistenza così.
I Grigi espressamente e apertamente richiesto il permesso di rapire gli esseri umani e di eseguire la ricerca genetica senza danneggiare i loro “cavie“. Gli umani, hanno promesso, verranno restituiti indenni e senza alcun ricordo del loro calvario. L’accordo è stato raggiunto a seguito di molte altre discussioni, accordo molto redditizio per le persone coinvolte, ma decisamente disastrose per il resto del mondo.
Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano
Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Queste sono alcune delle condizioni che sono state imposte dai Grigi:
Gli Stati Uniti non avrebbero dovuto rivelare al resto del le informazioni sulla presenza dei Grigi ‘sulla Terra
Le operazioni extraterrestri non dovevano essere ostacolate, l’interferenza con esse non sarebbe tollerata
Gli Stati Uniti dovevano supervisionare la costruzione di diverse basi sotterranee. Le basi sarebbero state gestite da entrambe, personale umano e grigio.
Gli Stati Uniti lasciano che gli alieni rapiscano un numero limitato di esseri umani che dovevano essere restituiti incolumi e con la loro memoria cancellata.
Gli Alieni sceglievano le loro cavie, ma la lista aveva bisogno dell’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza Nazionale.
Gli alieni avrebbero fornito gli Stati Uniti di armi e tecnologie avanzate, sistemi di propulsione gravitazionali ed elettromagnetici e tecnologia degli impianti alieni.
I teorici del complotto sostengono che l’accordo sia stato firmato dal presidente Dwight Eisenhower. Le loro affermazioni sono supportate da un avvenimento in particolare, durante una vacanza vicino a Palm Springs CA, il presidente è inspiegabilmente scomparso nella notte del 21-22 febbraio 1954. Si dice che sia stato segretamente portato nella vicina base Edwards Air Force per un incontro con gli alieni. La sua dichiarazione ufficiale dichiara che ha dovuto subire un trattamento odontoiatrico di emergenza e aveva visitato un dentista locale.
Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano
Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Progetto SIGMA, la vendita del genoma umano

Pur troppo poco dopo la firma dell’accordo il patto con gli alieni sembra esser venuto meno, il numero dei rapimenti e aumentato vorticosamente tanto da renderlo visibile all’umanità intera.
Nei primi anni ‘60, il governo degli Stati Uniti si è reso conto dell’inganno e ha cercato di recedere dal contratto sperando di mandare i Grigi via il nostro pianeta.
Oggi, il fenomeno UFO e più in vista che mai, se ne parla sempre di più e internet contribuisce alla sua diffusione globale. Voi cosa ne pensate?

il male radicale secondo Kant

dal sito www.filosofico.net


Kant rifiuta di considerare il male una caratteristica “naturale” dell’uomo: essa, infatti, non può essere dedotta dal concetto di uomo; mentre è naturale la libertà di cui l’uomo gode: dunque la responsabilità del male operato dagli uomini può essere attribuita agli uomini soltanto.

I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, cap. I, Parte III

La frase: l’uomo è cattivo, non può, dopo ciò che precede, voler dire altra cosa che questo: l’uomo è consapevole della legge morale, ed ha tuttavia adottato per massima di allontanarsi (occasionalmente) da questa legge. La frase: l’uomo è cattivo per natura significa solo che tale qualità viene riferita all’uomo, considerato nella sua specie: non nel senso che la cattiveria possa essere dedotta dal concetto della specie umana (dal concetto d’uomo in generale, poiché allora sarebbe necessaria); ma nel senso che, secondo quel che di lui si sa per esperienza, l’uomo non può essere giudicato diversamente, o, in altre parole, che si può presupporre la tendenza al male come soggettivamente necessaria in ogni uomo, anche nel migliore. Ora, questa tendenza bisogna considerarla essa stessa come moralmente cattiva, e perciò non come una disposizione naturale, ma come qualche cosa che possa essere imputato all’uomo, e bisogna quindi che essa consista in massime dell’arbitrio contrarie alla legge. Ma, d’altronde, queste massime, in ragione appunto della libertà, bisogna che siano ritenute in se stesse contingenti, cosa che, a sua volta, non può accordarsi con l’universalità di questo male se il fondamento supremo soggettivo di tutte le massime non è, in un modo qualsiasi, connaturato con la stessa umanità e quasi radicato in essa. Ammesso tutto ciò, potremo allora chiamare questa tendenza una tendenza naturale al male, e, poiché bisogna pur sempre che essa sia colpevole per se stessa, potremo chiamarla un male radicale, innato nella natura umana (pur essendo, ciò non di meno, prodotto a noi da noi stessi).
Che una tale tendenza depravata sia di necessità radicata nell’uomo, possiamo risparmiarci di dimostrarlo formalmente, data la quantità di esempi palpitanti che, nei fatti degli uomini, l’esperienza ci pone sotto gli occhi.

(I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Laterza, Bari, 1980, pagg. 32-34)
 

venerdì 4 novembre 2016

Paradigma della Gnosi e Ipazia



dal sito https://corinnazaffarana.wordpress.com






IPAZIA: martire della Libertà e paradigma della Gnosi

Dall’intervento presso l’Associazione
De Amicis – Toscano di Novara;
novembre 2016.


Un martire è essenzialmente un testimone che attraverso una forma di sacrificio di se stesso va a rendere immortale il proprio pensiero creando un esempio per chi verrà.  Ebbene, Ipazia fu davvero, allora, una martire.
Una martire, in generale, del valore della libertà individuale in quanto, ai nostri occhi, agli occhi di una società post umanistica e post illuminista, un essere umano che esprime un’ idea e porta avanti della ricerca scientifica e filosofica, pur se questa si pone ai margini del pensiero di massa – contenendo magari i semi di qualcosa di troppo nuovo per poter essere compreso su larga scala – non può, non deve pagare con la vita le proprie scelte.  E non dovrebbe nemmeno rischiare di pagare con la propria vita.  Sotto questo punto di vista, storicamente parlando, Ipazia si pone perciò e indubbiamente nel lunghissimo novero di tutti coloro che furono sottoposti a un potere forte che ne direzionò l’esistenza tramite un ricatto dittatoriale: ne sono un esempio Socrate, Giordano Bruno, ma anche Galileo Galilei. E molti altri.
Ma, sotto questo punto di vista, Ipazia si pone nel novero anche di tutti coloro che furono sottoposti alla follia della “dittatura della maggioranza”, di quella forma, cioè, di degenerazione di un processo para-democratico, tale per cui non è il principio dello “IUS” che vince (cioè l’insieme dei Principi che guidano alle Leggi), ma la forza bruta numericamente superiore.
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Sono, in questo senso, martiri della libertà tutte le vittime delle lapidazioni di massa, le vittime della follia inquisitoria, coloro che furono immolati alla forza bruta della folla alla ricerca di un capro espiatorio per lenire tensioni sociali ed economiche.  Anche sotto questo punto di vista – ovvero sotto il punto di vista della sconfitta dello Ius come fondamento di una civiltà – siamo purtroppo costretti ad annoverare Ipazia di Alessandra fra gli involontari, diciamo, eroi della libertà, in quanto le modalità della sua uccisione transitarono, come noto, dal linciaggio.  Ma c’è qualcosa di ancora più profondo da dire circa la figura di Spazia.  Calcolo infinitesimale, trigonometria, studi sulla struttura e l’utilizzo dell’astrolabio e dell’idroscopio, matematica, filosofa e scienziata del IV-V secolo, vissuta sotto Arcadio – Ipazia di Alessandria fu Martire, cioè testimone, di un valore forse ancora più interessante da sondare sotto un profilo storico e culturale: mi riferisco al valore in sé, inteso come Diritto Naturale e perciò Inalienabile dell’Uomo, della Conoscenza – quell’idea magnifica, tipica della cultura greca come testimoniato da Socrate in poi, tale per cui qualsiasi Essere Umano possa elevarsi ai pinnacoli della sua propria natura attraverso non uno sterile processo fideistico, bensì attraverso il lavorio costante, guerriero e fiero che conduce a quella Conoscenza che genera Consapevolezza.  Ipazia fu, allora, un martire di un Metodo – Martire di un Metodo, ripeto – Testimone ultimo di un approccio alla ricerca, alla conoscenza, e in particolare alla filosofia ed alla scienza Scienza che è giunta fino a noi sotto il nome di Gnosi.
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Quando parlo di “Gnosi” non intendo riferirmi all’utilizzo più volgare e profano del termine, inteso come processo salvifico fondato su quella generica idea di “salvezza” che inizia a farsi strada nella cultura mediterranea (e poi Europea) a partire dall’Ellenismo e dalla prima grande crisi della civiltà classica.  Con il termine Gnosi intendo più specificatamente riferirmi ad un processo conoscitivo, che non procede da postulati e principi ma si fonda sulla base della esperienzialità che trasforma la coscienza individuale e consente l’apertura alla consapevolezza.
Astronoma, fisica e matematica, in un tempo in cui la donna era considerata meno di un animale utile quale il cavallo (ad esempio) e certamente inferiore per intrinseca diversità rispetto all’uomo maschio (immagine di Dio), Ipazia di Alessandria, Maestra di queste discipline, veniva chiamata dai suoi contemporanei Filosofa, Venerabilissima, Sapiente.
A partire da personaggi eccellenti quali Giuliano il Teurgo (II d.C.) o lo stesso Galeno (II d.C.), una serie di correnti di pensiero che avevano la loro origine negli epigoni della metafisica di matrice platonica, erano confluite – dopo la chiusura dell’Accademia di Atene voluta da Silla, nell’86 – a ridare vita ad alcune fra le più interessanti, fertili e, per certi aspetti, sublimi intuizioni di Socrate, Platone e più in generale degli sviluppi della filosofia greca in senso gnoseologico e metafisico.   Il cosiddetto medioplatonismo si configurava già come un processo di revisione sincretica delle teorie del sommo filosofo, con nette influenze pitagoriche e orientali; ma fu soprattutto con lo sviluppo del neoplatonismo che, nel bacino di Alessandria d’Egitto, si fusero fra loro tutte quelle mirabili dottrine che concorsero a creare le fondamenta di tutto l’Esoterismo europeo e delle attuali Scuole Filosofiche ed Iniziatiche.  Filosofia greca, mistica persiana ed ebraica, tradizione egizia costituiscono le basi della teurgia e metafisica che caratterizzano questa forma al tempo stesso scientifica e mistica di ascesi dell’Uomo.  Come noto, le case madri delle scuole (o diciamo pure, in senso più moderno, Ordini) neoplatoniche erano almeno tre: Atene, la più tradizionale e particolarmente legata ad una visione teurgica e orientale; Roma ed Alessandria d’Egitto.
Ebbene Ipazia operò proprio in quest’ultima sede – Alessandria – come Filosofa, cioè come Maestro e Rettore della Scuola, successore proclamato della Tradizione Platonica.  Fondamenta del suo pensiero furono valori di una straordinaria modernità, forse troppo complessi da comprendere persino fra le sacre mura di quella venerabile Scuola.
La virtù della Scienza e, in particolare, della matematica e dell’astronomia come ancelle della Filosofia; l’idea stessa che la Filosofia dovesse essere volta alla ricerca del Vero e non solo all’esibizione di intellettualismi da salotto; la consapevolezza della democraticità dell’Istruzione, che la spingeva – al pari di Socrate – a gettarsi in spalla il mantello e predicare insegnando umilmente a tutti coloro che lo desiderassero, nell’Agorà e nelle vie della città; il valore però – anche – della Segretezza di certi insegnamenti, che dovevano essere trasmessi unicamente dalla bocca del Maestro all’orecchio del Discepolo, preservando così la Saggezza più sublime dalla parola scritta; l’idea, infine, che la Filosofia coincidesse con la pratica costante della stessa, che Essa fosse una Via effettiva che rende il ricercatore della saggezza un Filosofo ogni minuto di ogni giorno della sua vita; in parole povere, che il Filosofo fosse quello che oggi chiameremmo un “Iniziato ai Misteri della Gnosi” e, come tale, che dedicasse la sua esistenza alla Ricerca delle Ricerche: il disvelarsi progressivo delle tracce della verità nel mondo.  Ipazia fu questo: motore di quella ricerca scientifica che, in Alessandria, diede una serie di frutti astronomici e matematici che solo secoli dopo furono ristudiati e riscoperti; Ipazia fu anche Maestra del dia –logo – ovvero dello “scorrere del logos” – e fu preservatrice dei più alti prodotti della revisione della filosofia dei suoi predecessori.
La scuola di Alessandria godeva, al tempo della “Piissima Filosofa”, di enorme prestigio ed influenza non solo culturale, ma anche politica: Ipazia venne così ed inevitabilmente, per la posizione che rivestiva, a scontrarsi con una serie di paralleli interessi ecclesiastici nella gestione dell’economia e degli affari pubblici della città.  Non solo: Ipazia era, di fatto, il simbolo di quel protrarsi della filosofia ellenica che già da tempo il potere religioso istituzionalizzato tentava di distruggere per sottrarne la notevole influenza all’unificazione socio-economica del mondo sotto l’egida cristiana.
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Se desideriamo inquadrare il senso della figura di Ipazia e, soprattutto, della Testimonianza fornita dalla sua tragica morte, sotto un profilo storico credibile, è dunque necessario sottolineare che stiamo trattando di un’epoca in cui il Cristianesimo – ancora, per molti aspetti, in corso di definizione – si poneva come un’alternativa unificatrice di carattere sociale, culturale, naturalmente spirituale e anche politica, dotata di una serie di valori in forte contrapposizione con quanto detto sinora circa la visone filosofica che Ipazia andava incarnando e più in generale con un serie di elementi propri del Neoplatonismo.  Per quanto la scuola di Alessandria non fosse una delle più schierate in netta contrapposizione con la filosofia cristiana, il cristianesimo del periodo tardo-antico iniziava a inserire all’interno della visione sociale una serie di elementi che poi sarebbero stati determinanti per la costituzione del medioevo: l’idea di una società “collettiva”, di valore fortemente teocentrico, tendenzialmente fissa, gerarchica, costituita da cellule e nuclei organizzati secondo una serie di parametri (e ruoli, di conseguenza) voluti da Dio e, per tanto, strutturalmente inattaccabili.  Cominciava a diffondersi l’idea del pericolo del peccato insito nella ricerca della conoscenza; l’idea della ricerca di un limite per l’Uomo, configurato sull’idea di quell’umiltà della mente che è, o può essere, fortemente in contrasto con un clima molto libero e non dogmatico della ricerca.
Cominciava a diffondersi il parametro aprioristico fideistico in contrasto con la dinamicità della risposta “a posteriori”; cominciava a diffondersi la forma mentis della ricapitolazione enciclopedica in vece della specializzazione e della divisione delle discipline, il tutto accompagnato dall’idea di un Uomo inteso essenzialmente come figlio devoto di Dio in – in questo caso – nettissimo contrasto con la pratica della Teurgia, che si fonda sull’immagine di un Divino al di fuori ma anche all’interno dell’Uomo stesso che, come tale, ha il dovere di alzarsi dalle sue ginocchia e incontrare dinamicamente la Verità, financo a fondersi con Essa in una Unità perfetta.  Al tempo di Ipazia, la Chiesa aveva già iniziato la sua opera di contrapposizione agli aspetti più importanti della Tradizione Ellenica, anche attraverso azioni concrete quali la distruzione di templi e statue; l’uccisione di esponenti culturali e politici; persecuzioni; forte di una certa immunità davanti alla legge (elemento, questo, che verrà definitivamente ratificato nel 384) e – in Alessandria in particolare – forte della presenza di un “braccio armato” : l’Ordine dei Parabolani.
L’Ordine laico dei Parabalani (o Parabolani), nato almeno un secolo prima, in occasione della peste che aveva afflitto Alessandria, si poneva essenzialmente lo scopo di creare adepti desiderosi di immolarsi in nome di Dio: ufficialmente, i suoi membri prestavano servizio ai malati, incuranti del rischio di contrarre malattie poiché votati – appunto – al martirio per garantirsi il paradiso; di fatto, le risorse umane dell’Ordine erano perlopiù impiegate come guardie del corpo del vescovo e anche come forza per azioni intimidatorie.  La morte di Ipazia di Alessandria, così intensa per drammaticità, dev’essere allora compresa e collocata all’interno di questo complesso contesto culturale, politico e religioso che caratterizza un momento di passaggio fra il mondo “antico” ed il mondo così come sarà effettivamente ridefinito nel corso del medioevo – almeno fino all’anno Mille.
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A partire dal 700 d.C., dal sistema delle “schoalae”, si evolve la cosiddetta “scolastica cristiana”, un sistema filosofico complesso e sfaccettato, il quale, come noto, ha un debito incommensurabile con quella cultura ellenica che costituirà, quindi, la base operativa del tentativo di fornire al Cristianesimo medievale un sostrato filosofico di spessore.  Il tentativo (a volte interessante, a volte obiettivamente grottesco) di conciliare la “Rivelazione Cristiana” con l’uso della ragione portò – di fatto – ad un’opera di sistematizzazione enciclopedica del sapere proprio della filosofia greca e mediterranea. Furono, così, i modelli dell’ Interpretatio Graeca , unita agli stimoli provenienti dal mondo arabo ed ebraico, che crearono, reinterpretati, un modus di approccio al divino ed alla devozione di cui poi si impadronirà il Cristianesimo.  Durante i primi secoli della diffusione del nuovo monoteismo nel bacino del mediterraneo, si ebbero così due modelli, contemporanei ma fra loro opposti, di rapporto con la tradizione classica: da un lato il lento farsi strada della consapevolezza della forza della filosofia greca (con particolare attenzione tanto per Platone quanto per Aristotele); dall’altro la necessità di contrastarne una serie di modelli, quelli – in particolare – che si ponevano in strutturale contrapposizione con quelli nuovi; i quali erano stati eletti, ormai dal tempo di Costantino, per riunificare un mondo stretto da una crisi tipica di un momento storico ponte fra due epoche.
Lo strazio e, in definitiva, il martirio atroce di Ipazia di Alessandria, Maestro della Scuola di Alessandria – ovvero di una delle menti più libere e brillanti che il mondo abbia avuto, ha perciò questa complessità storica e culturale alle spalle ed in questo contesto dev’essere inquadrata.  Come avviene per tutte le azioni particolarmente sporche della storia, anche l’uccisione del capo dell’accademia di Alessandria ebbe una sua profasis, una scusa, cioè, utile per accendere la miccia del consenso politico e quindi popolare: nel caso specifico della “Piissima Filosofa” fu la sua vera o presunta vicinanza al Prefetto di Alessandria, oppositore politico del Vescovo Cirillo.  Che fosse vera o meno questa “amicizia” e che Ipazia fosse colei che dietro le quinte lavorava per fomentare questa opposizione, in Alessandria, fra potere politico filo-ellenico e potere politico-religioso cristiano, non ci è dato saperlo.  Ad usum Delphini, è corretto (per quanto approssimativo) affermare, come già abbiamo fatto in precedenza, che fra le diverse scuole neoplatoniche quella di Alessandria fu forse e paradossalmente la meno schierata contro l’espansione politica e spirituale del Cristianesimo.
Quello che avvenne materialmente ad Ipazia, stando alle fonti, è molto semplice: fu la classica vittima di un agguato.   Non ci fu bisogno di aspettare che finisse incautamente per farsi coinvolgere in affari di potere più grandi di lei (come avvenne a Giordano Bruno, ad esempio); venne – probabilmente – aggredita e lasciata in balia di una folla di fanaticiNon sappiamo, naturalmente, se sia vero che venne graffiata, lapidata, che le vennero strappati gli occhi ma certamente se questo hanno lasciato scritto le fonti più prossime ciò significa che, in qualche modo, ritrassero un panorama se non vero, comunque verosimile, credibile considerato il clima che dominava, in quel momento, Alessandria d’Egitto.
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E’ doveroso chiedersi, allora: cosa venne “linciato” attraverso il linciaggio di Ipazia? Che messaggio, cioè, si volle lanciare con l’uccisione del capo della Scuola Neoplatonica ed erede della tradizione ellenica?  Dal punto di vista dei giochi di potere locali, il messaggio era quello di un linciaggio volto all’influenza “laica” che si opponeva a quella religiosa del Vescovo.  Dal punto di vista, più ampio, dei giochi di potere internazionali, si voleva dare un messaggio all’influenza non cristiana che ancora pesava in un mondo in crisi, stretto in un momento di passaggio – un mondo che doveva essere unificato anche culturalmente, sotto l’egida di una nuova religione che si facesse anche custode di un nuovo valore del potere politico. Per inciso, questo lungo processo culminerà, molti secoli dopo, con la creazione del Sacro Romano Impero.  Da un punto di vista ancora più ampio, si trattava di una lotta fra ideologie troppo diverse che però, a mio avviso, si presentavano l’una verso l’altra secondo uno schema gerarchico: il Cristianesimo era ancora una filosofia neonata, e quindi decisamente meno sviluppata e ancora abbastanza povera da un punto di vista teologico e filosofico, in generale; molto debitrice alla cultura greca ed ebraica, ancora priva di una serie di esponenti di spicco nel panorama culturale, che fossero noti in ambiti più vasti del sapere umano (scienza, filosofia) e non solo come rappresentanti di una fede.
La cultura greca, invece, era antica di più di mille anni e, indipendentemente dallo sviluppo religioso suo proprio, aveva creato filosofia e scienza, aveva contribuito al progresso dell’umanità e, adesso, ben si prestava a contribuire anche allo sviluppo del cristianesimo stesso.  Questa nuova religione, infatti, si fondava essenzialmente sulla Fede e quindi non possedeva in proprio una serie di modelli che l’aiutassero, come religione, ad evolvere una teologia di spessore intellettuale (al contrario, invece, dell’Ebraismo, che aveva una vita anche molto più lunga alle spalle).
Ebbene, questo modello venne trovato proprio nella filosofia greca e in particolare nel Platonismo, che venne, infatti, preso e rielaborato con estrema abilità e con risultati di oggettivo valore; si pensi al problema “degli Universali”, della costituzione del “Logos” o a personaggi come Boezio (VI sec) o, molto più tardi, Tommaso d’Aquino (XIII sec).  Il Cristianesimo, tuttavia, si trovava, all’epoca di Ipazia, in una posizione molto ambigua: da un lato, doveva attingere dal più grande modello culturale che unificava il mondo ma, dall’altro lato della questione, era necessario non esagerare nel sottolineare il debito di gratitudine intellettuale che si aveva verso il paganesimo.  Si tratta, in realtà, di un processo storico molto diffuso nell’evoluzioni delle religioni: tutte le religioni nascono dalle ceneri di religioni precedenti e grazie all’apporto sincretico di vari stimoli, ma poi rivendicano per se stesse l’assoluta originalità delle idee poiché tutte le religioni devono presentarsi in qualche modo come o rivelate o comunque provenienti da un piano “superiore”.
cellarius.jpgAnche il politeismo greco, per inciso, era debitore di una infinità di stimoli; così il mondo romano il cui pantheon e la cui cosmologia erano un po’ etrusche e un po’ greche. Parimenti il Cristianesimo riceve stimoli dal vicino oriente (Persia, Ebraismo), dal mondo egizio, dalla filosofia ellenica.
Questi elementi tendono poi a emergere con particolare forza nelle versioni “iniziatiche” legate alla narrazione cristiana. Si pensi alle influenze egizie ed a quelle ebraiche dei secoli a venire.  In particolare, tutte le scuole iniziatiche posteriori alla diffusione del Cristianesimo si occuperanno di recuperare – o meglio di non perdere – il concetto della “gnosi” attiva come mezzo di elevazione dell’Uomo, che è, in realtà, in contrasto con l’attesa passiva della Salvezza e la forza mistica della Fede.  Di fatto, dunque, il processo gnostico, per quanto fondato sull’ esperienzialità e non solo sulla Ratio, non può e non deve essere sempre accostato all’esperienza mistica di modello misterico-orientale poi confluita anche nel Cristianesimo, poiché il vero processo gnostico non è, di fatto, rivelato ma costruito attivamente attraverso l’unione equilibrata degli strumenti conoscitivi propri dell’Uomo: ragione; emozione; intuizione; esperienzialità.
Né, a mio avviso, esso poggiava – prima del medioevo – e poggerà – dal periodo umanistico in poi – su forme di pensiero legate all’idea della sottomissione dell’Uomo a Dio con una fortissima componente di lontananza avvertita fra il piano assoluto, divino, archetipico e quello umano, che non può e non deve essere colmata – questa distanza – poiché la sfera terrena e umana è avvertita come qualcosa di “sporco” e di legato ad un insanabile dualismo (si pensi alla teologia negativa di Sant’Agostino, tale per cui Dio si conosce nell’ignoranza e non nella gnosi).  Nell’Ebraismo, pur esistendo questa sottomissione a Dio – percepito naturalmente come superiore – non è così marcato il dovere dell’Uomo di restare altro rispetto al divino: è anzi valorizzata, nella Tradizione Rabbinica, l’iniziativa conoscitiva per colmare una distanza fra l’umano e il divino, per sublimare il dualismo nell’Unità.
Non a caso, l’influenza dell’Ebraismo è stata determinante per l’evoluzione, nei secoli successivi, delle scuole iniziatiche europee: dalla Rosacroce alla Massoneria; dalla Golden Dawn agli Illuminati e a tutte le successive evoluzioni e ramificazioni.  Ipazia di Alessandria, per ragioni biografiche, non conobbe mai, ad esempio, quella straordinaria elaborazione di tradizione ebraico-spagnola che è l’Albero della Vita o Albero dei Viventi e che poi, nella sua versione ermetica, tanta importanza ebbe nella costituzione dell’ontologia e della metafisica delle scuole iniziatiche di tutta la cultura europea e mediterranea.  Ma, certamente, ne avrebbe apprezzato l’evidente riemergere di una serie di elementi chiaramente provenienti dalle dinamiche del suo tempo, e che conferivano alla dimensione umana, al processo della Gnosi, alla donna stessa, una dignità elevata e lontana da molte speculazioni fideistico religiose di una società rigidamente teocentrica, quale quella che si costituirà dopo la sua morte.
Vale perciò la pena, in un contesto di commemorazione dell’opera di Ipazia, tornare a riflettere con consapevolezza filosofica ben fondata sulla mirabile struttura dell’Albero dei Viventi; una struttura che rivela l’essenza di tutte le Tradizioni Iniziatiche dell’Occidente, a partire dalla leggendaria scuola Pitagorea e transitando da quella sorretta, seppur brevemente, dalla nostra Venerabile Filosofa.  Se infatti la complessiva costituzione del Glifo dell’Albero può essere certamente riferita, nel suo complesso, ad un periodo tardo (XIII secolo) e ad uno spazio geografico ben preciso (Spagna-Francia) – si pensi, per inciso, alla produzione del Sefer ha-Zohar – le origini di questa complessa codificazione emergono tuttavia da un contesto geografico orientale e da un contesto temporale che risale almeno dall’Era del Secondo Tempio (ci avviciniamo perciò notevolmente alla dimensione spazio-temporale di Ipazia di Alessandria).
1434_photo_teresa_isasi_46570_651021.jpgPer altro, per quanto concerne la citata eredità delle Scuole Iniziatiche Europee, è più corretto riferirsi alla tradizione ebraico-ermetica, che molto trae dalle speculazioni neo-platonica.  Osserviamo così il dispiegarsi delle Sfere dell’Albero, ovvero di questi macro-contenitori concettuali che, per partenogenesi da un “traboccamento di perfezione”, dal più alto al più basso, vanno a costituire la mappa concettuale dell’esistenza, riferita sia alla strutturazione essenziale dell’Universo che alla struttura dell’Uomo in quanto Pontifex fra il piano del definito ed il piano dell’indefinito e dell’infinito.  L’Albero, come noto, viene tradizionalmente diviso in tre parti: la parte centrale è costituita dalle Sfere dell’Equilibrio perfetto – ovvero da quegli elementi propri della Vita che sono determinati dalla sublimazione degli opposti complementari propri del mondo fenomenico.
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La parte destra è detta “maschile” e si riferisce a quegli elementi propri della Vita che sono determinati dalla prevalenza di una delle polarità opposte e complementari che permettono la definizione dell’esistenza; la parte di sinistra, parimenti e per le medesime motivazioni, è detta invece “femminile”.  Questa divisione, maschile e femminile nella loro sacralizzazione, è forse più correttamente definibile attraverso i termini “Yin e Yang”, ovvero attraverso il ricorso alla più precisa filosofia cinese che si riferisce alla evoluzione del primigenio Wu Chi – il “potenziale nulla” verso il Tai-Chi – quel primo moto di Coscienza nell’Universo che consente l’Esistenza in qualità di prima forza indifferenziata – del tutto paragonabile alla Sfera Kheter (la Corona) – e che va poi dividendosi nei principi della definizione per coppie di opposti che consente il realizzarsi progressivo del mondo fenomenico.  Yin e Yang sono così sovrapponibili alle Sfere di Binah e Hockmah che, egualmente, nella mistica semitica esoterica, rappresentano la prima forma di differenziazione dell’Ideale Unità assoluta e Indefinita (Kheter appunto).
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Binah, ovvero lo Yin, è una Sfera riferita alle caratteristiche astratte e ideali dell’Atto in contrapposizione complementare alla Potenza; dell’Intelligenza Attiva in contrapposizione complementare alla Comprensione; della forza dinamica del Divenire in contrapposizione complementare alla forza statica dell’Essere; della tensione infinita in contrapposizione complementare alla volontà pura della “tensione” ancora non esprimibile; della Creazione contrapposizione complementare all’Essere dal Nulla.
Procedendo verso un piano ontologico più concreto del fenomenico, ci riferiamo alle caratteristiche delle Sfere di Geburah e di Chesed.  Come simbolo di Geburah, la Donna Filosofa – quale fu Ipazia di Alessandria – rappresenta il Potere in contrapposizione complementare all’Amore; la Forza di Volontà in contrapposizione complementare alla Misericordia; la determinazione.  Anche per questa ragione, le due parti estreme dell’Albero assumono i nomi di Severità e Misericordia rispettivamente per lo “Yin” e o “Yang”.  Com’è possibile notare, alcune caratteristiche che su di un piano più astratto erano maschili qui divengono femminili o, meglio, attribuibili – per definizione – al femminino sacro, portando così avanti un continuo gioco di intrecci e di specchi che riflettono i due opposti complementari l’uno nell’altro.
Ed è certamente da un bacino culturale così vivo e da una filosofia così elevata che nacque, in Alessandria d’Egitto, la possibilità di proseguire l’opera neopatonica, e che si creò – a dispetto di quanto si stava costruendo nel parallelo panorama politico, sociale e culturale – un clima così libero all’interno della Scuola alessandrina, e così centrato sulla virtù della scienza e della ricerca, da permettere un’azione modernissima e al limite dell’incredibile: l’elezione di una donna alla Guida della Scuola.
Particolare_Ipazia-Scuola_di_Atene-Raffaello.jpgProseguendo nell’analisi dell’Albero, sviluppando le nostre osservazioni dal Mondo Atzilutico delle Idee in Sé fino al mondo fenomenico, troviamo ancora la Sfera di Hod – femminile – e la Sfera di Netzach – maschile .  Come simbolo di Hod, il femminino sacro rappresenta nuovamente l’Intelligenza, la Scienza e la Razionalità in contrapposizione a ciò che rappresenta il maschile sacro esaltatato in Netzach: l’Amore, la Comprensione, l’Emozione.  L’aspetto animico e intellettivo del femminile in Hod è la Cultura, la Gnosi, il Governo, la Società in contrapposizione complementare all’aspetto animico ed intellettivo del Maschile esaltato in Netzach, che è la tendenza alla “inclusività” delle relazioni umane.
Sia ben chiaro che utilizzare i termini “maschile” e “femminile” intende riferirsi al femminile ed al maschile insito in ciascuno di noi.  Secondo questa mirabile strutturazione dell’Universo, e dell’Uomo in relazione all’Universo, il nostro aspetto femminile sacralizzato è, quindi:
  • L’Intelligenza Attiva
  • l’Essenza della Coscienza,
  • la Mistica e la tensione del Finito verso l’Infinito.
  • ma anche l’essenza del Mondo Fenomenico
  • l’Energia Vitale
  • l’Atto della Creazione
  • la Vita e la Morte nel loro incessante alternarsi
  • il Dinamismo intrinseco nel Reale
  • la Giustizia intesa come Dharma, come Necessità Universale
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Viceversa, il nostro aspetto maschile sacralizzato è:
  • l’esplosione della Volontà
  • L’idea dietro le cose
  • La sintesi dei processi universali
  • L’inclusività dell’amore che tutto trascende
  • La norma dei fenomeni

Da quanto si apprende anche solo da una rapida osservazione (che tale dev’essere per non cadere, come si usa dire, fuori tema) circa, si diceva, alcune semplici attribuzioni delle Sfere, immediatamente ci è possibile realizzare quanto il percorso di Gnostica Ascesa dell’Albero dal piano fenomenico a quello unitario e trascendente, sia monco se percorso in modo squilibrato: ogni Sfera, nella sua perfezione, è infatti dotata di un aspetto maschile e femminile, di un aspetto concreto e di un aspetto trascendente, di un piano qlifotico e di un piano sefirotico, di una serie di attribuzioni elementali, astrologiche e persino afferenti all’angiologia.  Il valore allegorico di queste immagini continua a perpetrare l’idea, tanto importante anche nel processo filosofico neoplatonico, che l’Uomo si presenti come creatura estremamente complessa, come lo specchio ermetico di un universo che si riflette nella sua stessa essenza che contiene tutto in potenziale equilibrio e perfezione.
Si noti infatti ciò a cui si riferiscono le Sfere poste nel Pilastro dell’Equilibrio, nel Pilastro generato, cioè, dal confluire armonico degli Opposti Complementari.  Anche Malkuth, l’ultima sfera, speculare a Kheter, che sorregge l’intera struttura universale e Umana è generata dal confluire armonico degli Opposti Complementari, e Malkuth rappresenta il mondo; Malkhut siamo noi, è la necessità universale, le leggi della fisica, il senso della vita stessa.  Anche Yesod è nel pilastro dell’Equilibrio: rappresenta l’apertura, nell’Uomo, del mondo onirico e del senso dell’indefinito; rappresenta la sfuggevolezza delle Intuizioni e l’insinuarsi nella percezione razionale della quotidianità del senso della mistica e del mistero; è la Curiosità motore della Gnosi, la ricerca infinita propria dell’Uomo che non si accontenta mai della Conoscenza.
Sono proprio questi concetti, così straordinariamente potenti nell’innescare la “bomba” dell’aspirazione alla Libertà individuale, che risultarono da un lato i più affascinanti ma, dall’altro, i più pericolosi all’instaurarsi di una forma mentis fideistica e aprioristica, che al di là del complesso rapporto con la Ragione (come abbiamo precedentemente visto) dovesse poggiare tuttavia in primis sulla Fede e non sul Dubbio; sul concetto di ruoli e definizioni in vece di una apertura dinamica del sapere; sul necessario acuirsi della segregazione dei generi che, sempre di più, si rivestirà di valore morale; sulla definizione insomma di una società piramidale, statica, a struttura collettiva e geocentrica.  Una società che, dopo il IV – V secolo, verrà recuperata solo al verificarsi di quella che Jacob Burckhardt vedeva – a torto o a ragione – come una grande frattura: l’instaurarsi del periodo umanistico-rinascimentale.
Torniamo perciò, ancora un attimo, all’Albero dei Viventi, ed esploriamo – seppur brevemente – il senso di quella che abbiamo lasciato in sospeso, come ultima sfera, proprio per la sua particolare importanza: si tratta della Sfera che domina l’asse centrale dell’Albero.  Il suo nome è Tipheret – che significa Bellezza – e nel suo essere posta “al centro del pilastro che sta al centro” rappresenta l’armonia allo stato puro, la quintessenza dell’Estetica come fondamento dell’Etica.
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Vi è associata, per convenzione, fra gli Arcani Maggiori della Ruota dei Tarocchi, la Carta del Sole e vi è associato il simbolo della Galassia, della Spirale e della Stella fra le Stelle. Tipheret, in cui Maschile e Femminile si mescolano nello stadio più perfetto per quanto concerne le aspirazioni concrete dell’Essere Umano, rappresenta il Cuore dell’Albero della Vita, che pompa linfa vitale in tutte le Sfere attraverso le “vene” dell’Albero, che sono i Sentieri, corrispondenti agli Arcani Minori dei Tarocchi – il grande libro muto dell’Iniziazione.
Corrispondente, nel corpo umano, al Plesso Solare, Tipheret rappresenta infatti l’Androgino perfetto, l’Uomo indifferenziato, l’Essere Umano puro al di là di ogni sua appartenenza di genere, di ideale, di religione, di personalità: è l’Uomo inscritto nella Stella Pitagorea; l’Uomo nella sua pura Bellezza dell’Essere un Essere Umano.  A tal proposito, mi torna alla mente un passo, davvero commuovente, di una delle opere nelle quali lo scrittore peruviano Carlo Castaneda illustra la saggezza del cammino iniziatico della tradizione mesoamericana; egli fa dire al suo maestro, l’anziano sciamano yaqui Don Juan: “Il compito di un Guerriero (ovvero sia – diremmo noi – di un Filosofo, di un Iniziato) consiste nel conciliare il terrore di essere un Essere Umano con la Meraviglia di essere un Essere Umano”.
Questa conciliazione è Tipheret, la Bellezza che ha valore e senso solamente in se stessa. E’ quel traguardo di saggezza di chi va davvero – concretamente – oltre le definizioni per incontrare la Gnosi, ovvero la conoscenza che genera consapevolezza. E forse non a caso, molti grandi Iniziati sono stati anche grandi scienziati, filosofi e artisti.
Nella scuola di Ipazia di Alessandria, si respirava perciò e inevitabilmente l’aria di quella assoluta libertà che è l’unica a consentire il vero progresso umano; una libertà tanto rara da consentire, come abbiamo visto, a una donna di divenire erede e Maestro, per nessun altro motivo se non il migliore, e cioè che se lo meritava molto più di altri “colleghi” maschi. Così, infatti, la reputava nel IV-V secolo, il teologo e filosofo Socrate detto Scolastico, che valutava Ipazia non solo la più saggia fra i Filosofi ma la giusta continuatrice della lignaggio. In un clima tanto libero quanto irripetuto, fiorirono dibattiti e scoperte che anticiparono – in fisica e matematica – più tarde riscoperte che l’Europa riconquisterà solo dopo il periodo umanistico-rinascimentale.  Non esisteva il macigno inamovibile di riferimento proprio dell’ IPSE DIXIT, il celebre principio che, dalla morte di Ipazia in poi, si andrà lentamente sviluppando in tutta l’Europa medievale.   E così si mettevano in discussione Tolomeo ed Aristotele, poiché non si temeva il Dubbio, che è nemico della Fede – come ci ricorda Umberto Eco ne “Il Nome della Rosa” – ma non del Filosofo e dello Scienziato.
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A che vale, allora, discutere oggi di Ipazia? Una grande Filosofa, una grande Scienziata, un grande Maestro ed un grande Iniziato ai Misteri della Gnosi?  A mio personalissimo parere, parlare di Ipazia, oggi – inquadrandone correttamente la morte nel clima politico, socio-economico del tempo, come abbiamo fatto, nonché culturale – serve poiché, come detto in apertura, il suo martirio, cioè la sua testimonianza, viva come testimonianza di quanto facile sia non riconoscere la vera genialità, laddove sussista il pregiudizio; la vera Libertà, laddove sussista la paura; il vero dubbio, la dove ci si voglia accontentare della fede aprioristica – ma sia chiaro che ciò non è rivolto solo a quegli atti di sterile sentire religioso: l’atto di fede senza dubbio possiamo farlo ogni giorno della nostra vita in tante piccole, rassicuranti bugie o semi-bugie che ci raccontiamo.  In ultimo, ricordarci di Ipazia, ci serve – a mio avviso – per ricordarci cosa sia il vero Illuminismo Scientifico e per quanto tempo e quanto facilmente, anche le più grandi menti e le più grandi civiltà possono cadere in un sonno profondo della ragione e dell’emozione.

martedì 1 novembre 2016

l'eredità di Thoth

dal sito http://www.progettoatlanticus.net




La ricerca sulla Biblioteca di Alessandria ci porta necessariamente ad approfondire il legame tra il sapere classico proprio dell'antica grecia e le sue origini esoteriche provenienti dalle conoscenze occulte dei sacerdoti egiziani, molto probabilmente contenute nei testi e nei documenti presenti nella Biblioteca.
Vi propongo di seguito un articolo dove viene appunto descritta l'origine egiziana del sapere ellenico dei grandi filosofi classici dell'antica grecia.
L'articolo mi ha inoltre colpito per la grande attinenza con quanto sostenuto nelle teorie e nelle ricerche del Progetto Atlanticus, del quale rappresenta una buona sintesi (seppur con alcune divergenze)
Ermete Trismegisto/Thot
I Greci conglobavano le religioni dei popoli con cui entravano in contatto, per poi modificarle mano a mano e farle proprie; forse avevano capito che gli dèi erano sempre gli stessi per tutti, e che si spostavano in lungo e in largo sulla terra a loro piacimento.
Così pensavano, dando loro un nome diverso, di appropriarsene legittimando la sacralità della Grecia e, per i propri eroi (che godevano generalmente della protezione di una divinità), l'origine divina. Alcuni dèi apparivano all'improvviso assumendo sembianze diverse per non essere riconosciuti, altri si manifestavano direttamente, e uno in particolare solcava i cieli: Ermes, il messaggero degli dèi.
Un'allegoria del volo intesa certo a descrivere un fenomeno impossibile da spiegare razionalmente per l'uomo di allora, lo rappresentava con elmo e piedi "alati". E' interessante anche come Ermes riuscisse a far innamorare chi veniva colpito da una delle sue frecce... come se Amore, Conoscenza e Divinità formassero una trinità.
Ermete Trismegisto (Ermete tre volte grande) ha tramandato fino al giorno d'oggi una serie di rivelazioni riguardo grandi "misteri" come l'antropogonia, la teosofia, l'escatologia, la cosmogonia, senza tralasciare la medicina, la matematica, l'astronomia e altre scienze fondamentali per l'evoluzione di una razza intelligente. Attraverso una serie di trattati, dialoghi e riferimenti a scritti di eruditi famosi, il retaggio ermetico viene raccolto e diffuso sotto il nome di "Corpus Hermeticum", attribuendo a Ermete la paternità dello stesso.
Non si tratterebbe tuttavia di Ermete/Thot, ma di un suo nipote, cui era stato dato il nome del famoso nonno.
E poiché l'opera è ambientata in Egitto e viene proposta in forma di "dialoghi", ecco che vengono citati personaggi come Iside (Isi/Sothis), lo sposo-fratello Agathos Daimon (Osiride/Kneph), il loro unico figlio Horus (Aurus/Oro), Asclepio (Esculapio/Imhotep/Imouthes), Ammone (Amon/Khnun) e molti altri. E naturalmente lo stesso Ermete, essendo l'interlocutore principale. Spiccano anche alcuni personaggi mai citati altrove come Poimandres, il sacerdote Bitys e un figlio di Ermete/Thot di nome Tat.
Si ritiene comunemente che il testo geroglifico originale sia stato tradotto in greco dai sacerdoti egizi, una volta resisi conto, con l'arrivo dei Tolomei, che il greco stava diventando la lingua di uso diplomatico, destinata a far scomparire quella autoctona. Con questa ipotesi sembra possibile che per una traduzione di tale importanza si fossero avvalsi della collaborazione di qualche erudito greco ospite in Egitto.
Dovendo tradurre un codice antico, in parte sicuramente criptato, in modo che mantenesse le caratteristiche della consueta dualità, il testo egizio avrebbe dovuto dire cose comprensibili a tutti gli eruditi (specialmente quelli greci), ma avrebbe dovuto rivelare il "vero" contenuto solo a chi sarebbe stato in grado di comprenderlo e di usarlo. E questo sarebbe fatalmente avvenuto al momento opportuno, quando l'umanità sarebbe stata pronta.
La figura di Thot - "il grandissimo" - è strettamente legata all'Ermetismo, essendo Thot il dio egizio legato alla "Conoscenza Nascosta". Associato alla Luna (con cui aveva barato al gioco del senet per strapparle i famosi cinque giorni epagomeni), alla scrittura (inventore dei geroglifici), alle scienze in generale, Thot era anche il dio della medicina e dell'astronomia (misuratore dei cieli e conoscitore delle stelle); collegato all'aldilà, presiedeva al rito della pesatura dell'anima del defunto (la bilancia era una sua invenzione).
In alcune regioni dell'antico Kemet, Thot era colui che aveva dato origine alla vita sulla terra... la divinità suprema. Aveva dimostrato di essere intelligente, furbo e, se necessario, capace di imbrogliare...
Ci sono inoltre molte similitudini tra il mito di Ermete e quello di Enoch. E tra il "Corpus Hermeticum" e il "Libro di Enoch". L'unica differenza sostanziale sembra essere il fatto che Ermete tradusse gli scritti del suo omonimo nonno, mentre Enoch li scrisse di suo pugno al ritorno dal cielo.
In comune entrambi attribuiscono alle informazioni scritte o riportate la stessa origine divina. Non è la prima volta che un mortale riceve informazioni o scrive sotto dettatura da una divinità: basta pensare a Mosè e a Maometto. Se poi ci dedichiamo alla ricerca di analogie del genere, le troviamo anche in altre antiche culture, compresa quella vedica. Da qualunque parte venga esaminata la serie di coincidenze, spicca un collegamento egizio/greco/giudaico/v